La Segnatura e i Vermi Incantati

L’infestazione da vermi (ascaridosi) era una patologia molto frequente nel passato. Nella medicina popolare non solo si usavano diverse sostanze ed erbe ma anche riti e formule magiche per “trattarla”.  In un manoscritto del ‘700 rinvenuto a Riomaggiore e contenuto nel libro “Medicina Popolare e magia” di Attilio Casavecchia vi abbiamo trovato la seguente ricetta in cui possiamo vedere anche l’antica pratica della “segnatura“.

Ricetta per gli Figlioli che patiscono di vermini

Donnete / Si dice come scrivo / Giobbe che fessi((si ricoprì)) vermi e per virtù / Di Dio vermi nascie ((nacquero)) e vermi sciopè ((scoppiarono)) et alla / sera si dice / Vermi incantè ((incantati)) con segnarvi una Croce per /3 volte alla mattina Sciopè1 e senato2 / quello dò. Chè che mi salva il mio / Figio((figlio))”.

Medicina Popolare e Magia, Attilio Casavecchia, pag.81

La “segnatura” dei vermi

Nel passato, in abito rurale si credeva che l’infestazione da vermi fosse data da influssi negativi. La “segnatura” compiuta da una guaritrice o da un guaritore – con l’intervento divino – permetteva di riportare alla salute il bambino che ne era affetto. La segnatura consisteva nel recitare una serie di parole (in questo caso: “Vermi nasciè, vermi sciopè“) al malato accompagnate da una gestualità rituale (nel nostro caso: il segno della croce ripetuto per tre volte) davanti allo stesso. In molte aree rurali si metteva un piattino ricolmo d’acqua sul capo del bambino su cui venivano poi versate alcune gocce d’olio. A seconda della disposizione delle gocce d’olio d’oliva veniva diagnosticata o meno la malattia. Spesso il bambino affetto teneva contemporaneamente in mano una candela. 

Venivano anche evocate storie simboliche (historiole) che raffiguravano la vita di un santo che aveva subito eventi simili o correlabili (nel nostro caso quella di Giobbe((Giobbe è personaggio biblico assurto a modello di santità e pazienza perché, per volontà di Dio non solo è privato delle sue ingenti ricchezze mavcolpito da disgrazie fra cui un corpo completamente piagato e ricoperto di vermi che lo fanno assurgere ad un essere ributtante. Nonostante tutto, egli rimane fedele a Dio)) che ebbe il corpo coperto da piaghe infestate poi da vermi). Successivamente veniva pronunciata  la formula della segnatura che invocando l’aiuto del soprannaturale aveva il potere positivo di rompere l’incantesimo negativo e distruggere i vermi. Da ciò si capisce come la malattia fosse dovuta ad influssi negativi e a fascinazione (e non ad alterazioni di organi e tessuti da parte di agenti infettivi).

Scene dalla vita di Giobbe, Maestro fiammingo sconosciuto, 1480-1490 – Wallraf–Richartz Museum Colonia, CC-BY 4.0

Chi era il guaritore

Come abbiamo visto un personaggio centrale nella pratica della segnatura era il “guaritore”. Egli attraverso gesti simbolici, “segnava” i mali recitando in segreto formule (spesso inintellegibili) e ricorrendo anche all’uso di erbe. La segnatura richiedeva silenzio, discrezione e un luogo appartato. Andava fatta senza testimoni e preferibilmente nelle ore pomeridiane. Si utilizzava la “segnatura” per alcune patologie come il “fuoco di sant’Antonio”, i vermi nel bambino o anche il malocchio.

Solitamente il prescelto guaritore era una donna giovane che durante la notte di Natale veniva istruita sulle formule orali da usare. La notte di Natale((In Lunigiana, la notte di Natale venivano cuciti negli abiti dei fili di canapa atti a preservare colore che li indossavano dal malocchio.)) era infatti creduta essere – da sempre – notte di prodigi, di attesa e di passaggio. Chi riceveva questa preziosa eredità di sapienza non poteva assolutamente rivelarla ad altri, pena la perdita del potere di guarigione. A sua volta avrebbe tramandato nelle solite modalità questa tradizione.

In Lunigiana, nel piatto colmo d’acqua si metteva un crocifisso e si recitava la formula di rito. Poi si versavano alcune gocce d’olio, se l’olio si espandeva verso una parte del corpo di Cristo l’ammalato era colpito nella parte anatomica corrispondente. (foto scattata nel Museo Etnografico di Villafranca)

Vermi come abitanti dell’uomo

Un altra ricetta della medicina popolare presente in manoscritto del ‘700 ci fornisce un altro spunto importante per una riflessione sulla medicina popolare.

Riceta per li Vermini per li Fanciulli

Si prende li medemi3 vermi se ne fa / polvere e se li metono nella minestra / o nel brodo o sia vino nero che presto / sana((guarisce)) de suoi vermi che getta((elimina)).

Medicina Popolare e Magia, Attilio Casavecchia, pag.81 

In questo caso come si può evincere dalla ricetta, i vermi sono ritenuti una presenza abituale del corpo umano stesso. Erano alcuni accadimenti (es. una forte paura) a farli uscire dalla loro sede naturale e a causare la patologia (es. soffocamento). In questo caso si utilizzavano i vermi stessi (essiccati, sminuzzati e nascosti negli alimenti) per curare quanto accaduto, in obbendienza al principio “del simile che cura il simile“. 

Le scoperte della microbiologia nel XIX secolo permetteranno  di capire come l’infezione da vermi altro non fosse che una patologia di origine infettiva sostenuta da vermi (Ascaris lumbricoides). Una patologia spesso favorita da scarse condizioni igieniche ambientali e personali e curabile con farmaci antibiotici.

Ascaris lubricoides (CC BY 3.0 Wikicommons)
  1. scoppiate! []
  2. segnato []
  3. i medesimi vermi []

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