Mentre ci dirigevamo entusiasti verso la mostra fotografica It’s (Not) Only Rock’n Roll al Museo Internazionale della Musica di Bologna, il destino ci ha riservato una sorpresa ancora più straordinaria! Fermati e colpiti dalla bellezza dell’artwork di Stikki Peaches riguardante la leggendaria giudice Ruth Bader Ginsburg, poco sopra di esso abbiamo scoperto un autentico tesoro: la lastra sepolcrale del grande anatomista del Trecento, Mondino de’ Liuzzi.
Ma chi era Mondino de Liuzzi?
Mondino de Liuzzi (Bologna, 1275 – Bologna, 1326) fu uno dei più importanti anatomisti del Trecento. Figlio di Nerino e allievo di Taddeo degli Alderotti (1223-1303), un nome caro al grande poeta-medico Dante Alighieri1, si distinse per la maestria delle sue dissezioni autoptiche pubbliche e per aver rivoluzionato il sapere anatomico.
Nel 1315, Mondino fece un gesto di cui si conserva vivida memoria storica di Bologna: dissezionò i cadaveri di due donne in pubblica piazza, aprendo le porte a una nuova era dell’anatomia. Nel 1316, con audacia e innovazione, pubblicò l’Anatomia mundini, il primo atlante di anatomia moderna.
In questa preziosa opera, Mondino offriva istruzioni chiare, concise ed esplicative su come dissezionare e studiare (con rispetto e cura) un corpo umano. Il suo obiettivo era quello di armonizzare le osservazioni della realtà anatomica con le autorità (intoccabili) della medicina del tempo come Galeno, Avicenna e Aristotele.
Tuttavia, questa ambiziosa impresa lo portò a commettere diversi errori. Ma Mondino de Liuzzi rimane un pioniere che ha illuminato il cammino per le generazioni di futuri anatomisti (in primis Vesalio), dimostrando che nell’esplorare il corpo umano attraverso la dissezione, si possono ottenere conoscenze straordinarie.
Bologna e la nascita dell’ Università
Nel cuore di Bologna, l’Università assunse un ruolo straordinario, quello di vera e propria fiamma di conoscenza capace di bruciare indipendentemente dalle influenze vescovili. A differenza delle sue controparti storiche come Oxford o Parigi, l’istituzione universitaria bolognese era un entità autonoma dal potere religioso. Essa rispondeva direttamente alla comunità cittadina.
Lezioni di arti liberali come quelle del Trivio: grammatica, dialettica e retorica, aprirono le porte dell’intelletto ai numerosi alunni che da ogni parte di Italia qui si recavano. Gli studenti di Bologna affrontavano poi le materie del Quadrivio, immergendosi nell’aritmetica, nella geometria, nella musica e nell’astronomia per poi prepararsi ad affrontare ulteriori sfide della conoscenza.
L’istruzione universitaria infatti non si fermava qui. Materie come la Teologia, il Diritto e la Medicina((La medicina, entra tardivamente nelle Università. Divenne una materia di insegnamento solamente nel tardo 1200 ed entrò a pieno titolo a Bologna grazie all’opera di Taddeo degli Alderotti (1223-1303))) permettevano agli studenti di intraprendere ulteriori strade. In sostanza,l’istituzione universitaria nel medioevo aveva un preciso scopo: creare una schiera di esperti pronti a servire nelle amministrazioni civili, negli uffici e nei palazzi dei re, degli imperatori, dei papi e dei principi.
In epoca medievale, nacquero infatti le università, luoghi dove studenti (universitas scholarum) e docenti (universitas magistorum) si unirono per coltivare la conoscenza. Questi centri di apprendimento prosperarono dove già era presente e radicata una forte tradizione di insegnamento, come a Parigi, a Oxford e a Bologna.
E questo accadde fin da subito a Bologna, una città che si erse a faro di sapere nella penisola italiana, illuminando il cammino dell’umanità attraverso ere, che erroneamente furono definite “oscure”.
Cosa raffigura la tomba di Mondino?
Posta sotto al porticato e all’ingresso della Chiesa dei Santi S. Vitale e S. Agricola in prossimità del civico 46 di via San Vitale la tomba di Mondino de’ Liuzzi, insieme a suo zio Lucio (“Liuzzo”), (entrambi dottori in Medicina), è molto più di una semplice lapide sepolcrale. È un tributo alla didattica che sfida ognil tempo.
Se ci domandiamo perchè questa lapide si trovi nella chiesa di S. Vitale e S. Agricola ebbene bisogna ricordare come Mondino avesse qui eretto un sepolcro allo zio Liuzzo (“Lucio”) e come qui volle essere tumulato una volta morto (cosa che avverrà non molto più tardi, nel 1326).
Guardando alla scultura commissisonata per lo zio allo scultore Roso da Parma ci si trova di fronte al docente “in cathedra,” seduto su uno scranno mentre consulta con devozione i testi medici. È un’immagine che racchiude un’affermazione audace: anche la Medicina è regno di autorità testuale, paragonabile – senza timor di risultare sminuita – a professioni nobili come quelle dei notai o dei giuristi.
L’importanza di “stare in cattedra”
Eppure, la sua posizione “in cattedra” ci svela anche un altra audace innovazione. In un’epoca in cui i manoscritti erano ancora relegati agli scriptoria monastici, l’immagine del magister che oralmente insegna da seduto ci racconta di manoscritti che non sono ormai più prigionieri delle mura dei conventi, ma diventano pilastri della conoscenza nelle scuole mediche. Lo scranno di insegnamento (catedra) fu infatti il primo passo per la diffusione del sapere e luogo principe dove si utilizzarono oggetti innovativi come i libri.
La tomba di Mondino de’ Liuzzi e dello zio Lucio è una forte testimonianza dell’importanza della trasmissione del sapere, dello sfidare il conservatorismo presente in ogni tempo e del far brillare la luce che porta in sè l’apprendimento. È un invito a celebrare la conoscenza come il legame che unisce il passato, il presente e il futuro.
Ma cosa c’è scritto sotto la lapide?
Nel caso ve lo foste chiesto, l’epitaffio posto di sotto il bassorilievo riporta in forma di esameri le seguenti parole:
VITA BREVIS ARS VERO LONGA GLORIA NATUR(A)E MEDICA VIRTUTE LEUCI CUIUS ERANT CUR(A)E MORIENTES RED(D)ERE LUCI INVIDIA FATI RECUBAS IAM NOMEN ADEPTUS COMPAR YPOCRATI SUBLIMI MARMORE SEPTUS. ANNIS MILLENIS TER CENTUM BISQUE NOVENIS DUM SOL TERDENIS AUGUSTUM TORQUET HABENIS.
Epitaffio Lapide Sepolcrale di Mondino de’ Liuzzi
che tradotte approssimativamente significano :
La vita (è) breve, l’arte invero (è) lunga. Per la gloria innata e per la virtù medica di Liuzzo, che aveva la capacità di ridare vita ai morenti. Per l’invidia del fato giaci ormai racchiuso nel marmo, tu che hai raggiunto una fama pari a quella dell’illustre Ippocrate. Anno mille trecento e due novene (1318), mentre il sole ad agosto per trenta volte volge le redini (il 30 agosto)
…e leggerlo mi ricorda uno dei primi testi di storia della medicina che mi hanno incantato: “L’arte lunga” di Giorgio Cosmacini. Alla prossima!
- Nelle opere di Dante Alighieri, il celebre medico fiorentino Taddeo Alderotti è menzionato nel XII canto del Paradiso (versi 82-87) in relazione alla vita di san Domenico. Nel Convivio (I x 10), Taddeo è riconosciuto principalmente come traduttore di un compendio dell’Etica di Ippocrate, oltre che come commentatore. Queste citazioni dimostrano che la fama di Taddeo Alderotti nel XIII secolo non si limitava all’ambito medico, ma si estendeva anche al mondo letterario. Inoltre, è noto che Dante, durante il suo soggiorno a Bologna, seguì le lezioni di filosofia e medicina di Taddeo Alderotti. [↩]