Ispirati da un bellissimo video di Alfonso Lucifredi sul capitano inglese James Cook, abbiamo colto lo spunto per parlarvi più in dettaglio di una temibile carenza vitaminica come lo scorbuto.
Ma chi era James Cook?
Il capitano inglese James Cook fu il primo comandante di nave a preservare i suoi equipaggi dalla scorbuto e raggiunse questo risultato adottando meticolosamente alcune regole. Cook ebbe il merito di aver migliorato dieta e igiene sulle sue navi e ad aver introdotto sistematicamente la somministrazione di alimenti contenenti vitamina C.
Crauti e abiti puliti
La rivoluzione di James Cook fu una rivoluzione igienico e dietetica a tutto tondo. Nel concreto, il capitano Cook ordinava che tutta la nave – alloggi dei marinai compresi – dovessero essere puliti frequentemente. Gli indumenti, le coperte ed i materassi dovevano essere regolarmente lavati. I luoghi dove riposavano i marinai areati e periodicamente fumigati. Questo perchè oltre allo scorbuto altre malattie affligevano al tempo i marinai durante la navigazione (scabbia, pidocchi, tubercolosi e diarree di varia origine) e ogni vita a bordo era utile.
Cook aveva imparato tutto questo dalla sua precedente esperienza come marinaio sui mercantili((James Cook fu per nove anni marinaio su mercantili che attraversavano il Mare del Nord e il Mar Baltico. Nel 1758 a brodo della Penbroke diretta verso il Canada e il Golfo San Lorenzo vide in prima persona gli effetti diffusi delle scorbuto sull’equipaggio.))che attraversavano i Mari del Nord, dove già si conosceva come prevenire lo scorbuto mangiando frutta e verdura. Quando non era possibile mangiare frutta (agrumi in particolare) e verdura fresche Cook ordinava all’equipaggio di ingerire i suoi celeberrimi crauti acidi.
Tuttavia, egli era anche un capitano di vascello che cercava di fare scalo il più frequentemente possibile in modo da caricare a bordo buone quantità di frutta e verdura. Oltre gli agrumi imbarcava anche sedano e coclearia (Cochlearia officinalis) con cui otteneva degli infusi che venivano somministrati periodicamente a chi era bordo. Infatti queste due ultime piante vegetali sono altrettanto ottime fonti di vitamina C. In breve, tutti sulla sua nave erano obbligati a consumare questi alimenti. Per chi si rifiutava la pena era durissima e dolorosa ovvero la fustigazione.
Marinai in perfetta salute
Questo insieme sistematico di regole si tradusse in equipaggi in buono stato di salute e in una mortalità estremamente ridotta. E questo portò a risultati tanto sorprendenti quanto tangibili. Nel suo Secondo Viaggio((Nel suo Primo Viaggio, durato 3 anni, perse il 30% del suo equipaggio a causa della malaria e della dissenteria che colpirono Giacarta))di esplorazione dell’Oceano Pacifico, la nave che comandava, l’Endeavour si incagliò sulla Grande Barriera Corallina, in prossimità di quello che è oggi il Queensland Settentrionale. Una grossa falla si aprì nello scafo della nave.
Cook fece gettare fuoribordo tutto il superfluo. I suoi marinai lavorarono ininterrottamente per 23 ore consecutive riuscendo alla fine a riparare la falla e a disincagliare la nave. Questo immane sforzo è stato possibile perchè lo scorbuto (che era capace di indebolire i piu resistenti degli uomini di mare) era pressochè inesistente a bordo e i marinai ben alimentati erano in completa efficienza fisica per un compito gravoso come il disincagliare una nave. Al ritorno in Inghilterra, proprio per la capacità di prevenire lo scorbuto a bordo, ricevette la famosa Medaglia Copley il riconoscimento scientifico più prestigioso assegnato dalla rispettabile Royal Society.
L’origine della parola “Scorbuto“
La parola “SCORBUTO” deriva dall’antico scandinavo skyr che significa “latte cagliato” e bjurg che significa “edema”. Questo perchè si credeva che fosse l’ingestione di cibi andati a male (cosa frequente a bordo) a provocare questa temibile malattia. L’etimologia nordica del termine ci fa già inoltre intuire come questa malattia fosse estremamente frequente negli equipaggi del Nord Europa. Questi equipaggi((Nel IX secolo si hanno già resoconti di casi di scorbuto presente nella flotta vichinga)) erano pressochè impossibilitati ad avere, in certi mesi dell’anno, frutta e verdura fresca.
Nel Mar Mediterraneo, lo scorbuto era invece molto meno frequente. La possibilità di navigare lungo costa, come per secoli hanno fatto i popoli che si affacciavano sul Mare Nostrum e i frequenti approvvigionamenti a terra facevano sì che lo scorbuto fosse estremamente poco diffuso. Saranno i grandi viaggi transoceanici a mostrare – con drammatica evidenza – questa malattia.
I Viaggi d’Oltremare
I viaggi d’oltremare ovvero i viaggi transoceanici prevedevano tempi più lunghi di viaggio, diminuite possibilità di approvvigionamento, problemi di conservazione dei cibi e un equipaggio spesso indebolito da altre malattie infettive (pidocchi del corpo e dei capelli, scabbia, tubercolosi e diarree di varia genesi).
Gli orribili sintomi dello scorbuto
I sintomi dello scorbuto, i cui resoconti ci dicono insorgesse mediamente alle 6° settimana di navigazione, erano orribili e conducevano a sicura morte. Lo scorbuto provocava gengive doloranti, infiammate e fragili (che portavano alla perdita di numerosi denti), alito fetido, frequenti emorragie dal naso e dalla bocca, ematomi e ferite che non si rimarginavano, diarrea frequente e stanchezza persistente. Quest’ultimo sintomo era estremamente importante in quanto rendeva i marinai a bordo poco efficienti nelle loro attività.
Il “brutto carattere” dei marinai
I soggetti colpiti da scorbuto mostravano una profonda stanchezza e una marcata depressione dell’umore, da qui deriva infatti la scarsa voglia di interazioni sociali che il termine italiano “scorbutico” perfettamente descrive. Si pensi che su una nave, a causa di questa malattia, si imbarcavano più marinai di quelli realmente necessari mettendo in conto un tasso di letalità – dovuto al solo scorbuto – fra il 30% al 50% .
Cibi ammuffiti e umidità ovunque
Il problema della freschezza e della conservazione del cibo su una nave del tempo era un problema serio. Questo perchè se l’esterno della chiglia era legno trattato con la pece, l’interno essendo praticamente impermeabile diventava presto un ambiente umido e ricco di muffe tanto che i resoconti ci narrano come queste crescessero velocemente sugli indumenti, sui materassi e ovviamente sulle stesse derrate alimentari. Il risultato finale di questo processo era che in breve tempo i cibi imbarcati deperivano. Il burro diventava rancido, i formaggi duri, il pane si copriva velocemente di muffe, la birra inacidiva, i legumi venivano infestati dai curculionidi.
Cosa si mangiava a bordo?
La dieta quotidiana dei marinai dopo lunghi giorni di navigazione era quindi molto povera e costituita essenzialmente da carne essicata (bovina o suina) e dure gallette. Quest’ultime – costituite da un miscela di acqua e farina – venivano cotte al forno in modo da diventare secche e leggere e avere così una lunga durata di conservazione (anche decennale). Le gallette erano infatti estremamente poco attaccabili dalle muffe ed al contempo estremamente dure tanto che chi aveva lo scorbuto, riusciva difficilmente ad addentarle((Le gallette erano frequentemente infestate da punteruoli e curculionidi, le cui larve – perforandole – le rendevano lievemente più facili alla masticazione.)).
Fuochi vietati
Non frequentemente, si consumavano a bordo zuppe e stufati, in cui le gallette venivano ammollate. Questo era un evento estremamente raro; accendere un fuoco in cucina era infatti possibile solo in condizioni di mare calmo o bonaccia. In navigazione o con mare mosso questa attività era estremamente pericolosa in quanto la nave era pressochè fatta di legno e pece e quindi ad alto rischio di incendio. Pertanto questa attività era severamente vietata nella gran parte del viaggio.
Anche la dieta dell’equipaggio fatta rientrando nei porti non prevedeva il consumo di frutta e verdure fresche. Questo era per lo più imputabile alle abitudini alimentari degli stessi marinai. Essi generalmente amavano infatti ingerire carne, pane, formaggio e burro fresco. Gli ufficiali, abituati ad una dieta piu varia e inoltre dotati di una maggiore curiosità, erano i componenti dell’equipaggio che più assumevano vitamina C in quanto assaggiavano nei diversi porti cibi e portate nuove. Frequente era quindi l’assunzione di frutta fra cui lime, tamarindi e altri agrumi e proprio per questo motivo la mortalità di scorbuto registrata fra gli ufficiali era notevolmente minore rispetto a quella dell’equipaggio.
Lo Scorbuto prima di James Cook
Tuttavia già prima di James Cook e delle sue rigorose regole dietetico-sanitarie a bordo si conoscevano misure profilattiche per evitare l’insorgenza di questa malattia; solo che o non erano adottate metodicamente o spesso erano ignorate dai diversi comandanti di nave1.
Nel 1747 il chirurgo navale James Lind imbarcato sulla nave Salisbury dimostrò empiricamente (nonostante l’esiguità del campione) l’efficacia degli agrumi((I marinai inglesi afferenti alla Compagnia delle Indie, in particolare quelli sotto il comando di James Lancaster quando toccavano il Madagascar facevano ampia scorta di arance, limoni, tamarindi e succo di agrumi)) nel prevenire questa temibile malattia.
L’esperimento di Lind
Il 20 maggio 1747, James Lind scelse 12 degli 80 marinai affetti da scorbuto a bordo della “Salisbury”. A tutti somministrò la stessa dieta: pappa d’avena dolce, brodo di montone, biscotti bolliti, orzo, sago, riso, uva passa, uva sultanina e vino. Questi cibi , che da una parte erano molto nutrienti dall’altra necessitavano solo di una minima masticazione. Infatti uno dei problemi che affliggevano chi era affetto da scorbuto era proprio l’infiammazione delle gengive (con perdita degli stessi denti)e questa problematica impediva ai marinai di alimentarsi adeguatamente. Successivamente Lind divise i 12 marinai da lui scelti in 6 distinti gruppi, a cui vennero somministrati rimedi ritenuti al tempo utili per trattare lo scorbuto:
- 2 marinai ricevettero 1/4 di sidro ciascuno.
- 2 marinai ricevettero aceto.
- 2 marinai ricevettero elisir di vetriolo diluito.
- 2 marinai ricevettero un 1/4 di litro di acqua di mare.
- 2 marinai ricevettero un miscuglio di noce moscata, aglio, senape, mirra, cremor di tartaro e infuso d’orzo.
- 2 marinai ricevettero due arance e un limone ciascuno.
Ebbene dopo sei giorni di esperimento, i due marinai che ricevettero arance e limni furono gli unici capaci di rimettersi in forze e ritornare al lavoro. Gli altri invece progressivamente e drammaticamente peggiorarono. Realizzato questo, Lind decise di interrompere l’esperimento e trattare i marinai rimasti con limoni e arance. Il miglioramento fu rapido e tutti i dodici si rimisero in forma.
Il Trattato sullo Scorbuto
I risultati di Lind porteranno alla scrittura nel 1753 del “Treatise of Scurvy”. Tuttavia questa scoperta – dimostrata scientificamente – ebbe uno scarso impatto sull’opinione medica del tempo. Il “Sick and Hurt Board” della Marina Britannica respinse l’adozione di succhi di frutta a bordo adducendo il fatto che sebbene i risultati di Lind fossero evidenti, egli stesso non aveva una teoria fisiopatologica capace di spiegarli. Inoltre il suo stesso suggerimento di stoccare a bordo un succo di agrumi (realizzato mediante bollitura) aveva mostrato non portare benefici.
Questo oggi sappiamo perchè. La bollitura faceva sì la vitamina C si deteriorasse con il calore e che il succo di agrumi di Lind fosse pressochè inutile nel prevenire lo scorbuto. Si dovranno aspettare oltre 40 anni e un capitano come James Cook, per far sì che il succo di limone fosse approvato dal Sick and Hurt Board a bordo di tutte navi di Sua Maestà. E da allora non si avranno quasi più casi di scorbuto in mare.
Ma quali sono le fonti di Vitamina C?
Abbiamo visto che lo scorbuto è una malattia caratterizzata dalla carenza di vitamina C, una vitamina idrosolubile estremamente importante per la produzione di collagene. Vediamo ora dove è possibile trovare questa vitamina negli alimenti.
Alcuni alimenti la contengono in grande quantità come arance (50mg/100g), limoni (53mg/100g), lime (29,1 mg/100) e crauti crudi (14,1 mg/100). Anche la carne cruda((Nel 1911, Roald Amundsen nei 2.250 Km di ritorno dal Polo Sud consumò carne cruda di foca, pinguino e di cane da slitta. Non fu colpito da scorbuto, cosa che invece accadde a Robert Falcon Scott e al suo equipaggio che morì a pochi chilometri dalla salvezza. Amundsen apprese il consumo di carne cruda dai resoconti medici relativi agli Eschimesi, un popolo che pur vivendo in un ambiente ostile mai ha avuto problemi di scorbuto.))(in particolare rene, cervello e fegato ) o alcune spezie come la stessa paprika la contengono.
Storicamente si hanno impieghi anche di aghi di abete rosso((L’esploratore francese Jacques Cartier nell’esplorazione della Terranova e del Quebec dopo infusione di aghi di abete rosso a lui suggerita dai nativi ebbe una risoluzione immediata dei sintomi))e zenzero.
Un enzima mancante
L’assunzione di vitamina C è essenziale per noi esseri umani perchè a differenza di animali come gatti e cani, non possiamo produrla. I nostri amati animali domestici invece la producono all’interno del loro organismo partendo proprio partendo dal glucosio. Questo grazie ad un enzima di cui invece siamo sprovvisti: la gulonolattone ossidasi.
La scoperta della vitamina C
Nel 1928, lo scienziato Albert Szent Györgyi scoprì che proprio nella paprika ungherese era contenuta una grande quantità (ca. 71 mg/ 100 g) di vitamina C e proprio usando la paprika riuscì dopo una settimana di intenso lavoro ad isolarla e a ricavarne la formula chimica.
Successivamente sarà Norman Haworth dell’Università di Birmingham e collaboratore di Albert Szent Györgyi a determinarne la struttura molecolare e a denominare la vitamina C con il termine di “acido ascorbico”. Nel 1937, per queste richerche, Albert Szent Györgyi riceverà il Premio Nobel per la Medicina e il collega Norman Haworth quello per la Chimica. Le loro scoperte permetteranno così la sintesi chimica di una sostanza essenziale per la vita. Vitamina, per l’appunto.
- Nel 1593, l’ammiraglio Sir Richard Hawkins affermò che in mare di scorbuto perirono oltre 10.000 marinai. Tuttavia aggiunse come il succo di limone potesse evitare queste morti. Anche testi medici come “The Surgeon’s Mate” scritto dal medico di bordo John Woodall o “Sea Diseases, or Treatise of Their Nature, cause and Cure” del medico William Cockburn raccomandavano l’uso di frutta e verdura fresche a bordo. [↩]
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