La storia delle radiografie-disco o rebra è uno degli episodi più sorprendenti in cui scienza, medicina e cultura popolare si intrecciano. Nel dopoguerra sovietico, tra il 1946 e il 1964, vecchie radiografie ospedaliere vennero trasformate in supporti clandestini per la diffusione della musica proibita dall’Unione Sovietica. Jazz, rock’n’roll ed Elvis Presley convivevano impressi sulle immagini di costole e crani, diventando simboli di resistenza culturale.
Perché le radiografie?
Il regime sovietico vietava generi considerati decadenti o occidentali, imponendo il realismo socialista come unico stile artistico ufficiale. Tuttavia, le radiografie usate negli ospedali rappresentavano una materia prima perfetta: economica, facilmente reperibile come scarto e composta da pellicola di cellulosa acetata o poliestere con emulsione ai sali d’argento, abbastanza resistente da trattenere un solco. Ogni disco, inciso con un tornio modificato, poteva riprodurre 2-3 minuti di musica per facciata, a 78 giri/minuto, mono e su un solo lato.
La tecnica della “bone music”
Per realizzare un disco clandestino si ritagliavano radiografie di circa 17–19 cm di diametro. Il foro centrale veniva spesso bruciato con una sigaretta. Il suono non era di qualità paragonabile al vinile: rumore di fondo alto, clic e distorsioni erano frequenti, così come la rapida usura. In media, dopo 5–10 ascolti, il solco si deformava. Nonostante questo limite, il fascino della musica proibita compensava ogni imperfezione.
Mercato e rischi
Il prezzo di una radiografia-disco variava tra 1 e 1,5 rubli, con copie speciali che potevano arrivare a 15 rubli, una somma rilevante se si pensa che negli anni Cinquanta lo stipendio medio mensile in URSS era di circa 700 rubli. La polizia sovietica, a partire dal 1958, intensificò i sequestri e arrestò i cosiddetti roentgenizdat, gli artigiani che producevano questi dischi clandestini. Possedere o diffondere musica proibita esponeva al rischio di procedimenti giudiziari.
Dalla radiografia al nastro magnetico
Dal 1964, i registratori a nastro magnetico cominciarono a sostituire le radiografie-disco. La nuova tecnologia permetteva una qualità superiore, una maggiore durata e soprattutto la possibilità di duplicare facilmente i brani. Entro il 1965, la “bone music” era già un ricordo, sopravvissuto come simbolo della resistenza culturale sovietica.
Un uomo e la sua musica proibita
Tra le storie più emblematiche vi è quella di Igor Vitalyevich Savitsky (1915–1984), collezionista e fondatore del Museo d’Arte di Nukus in Uzbekistan. Mentre salvava decine di migliaia di opere d’avanguardia vietate, viaggiava con un giradischi portatile e una radiografia incisa con Rachmaninov, ascoltando in segreto la sua musica preferita. La sua vicenda mostra come l’arte, anche nelle condizioni più ostili, possa trovare vie sotterranee per sopravvivere.
Il valore storico e scientifico delle radiografie-disco
Questi fragili supporti, consumati dopo pochi ascolti, non furono soltanto un espediente tecnico: rappresentarono un incontro tra scarti ospedalieri, innovazione artigianale e sete di libertà. Oggi sono conservati in musei e gallerie, come il Vinzavod di Mosca, a testimonianza di come la scienza medica — nata per diagnosticare corpi malati — divenne, paradossalmente, il veicolo della musica più vitale.
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